Ultimo boccone ben ponderato

Sono decisamente una persona da ultimo boccone ben ponderato. Da che ne ho memoria, lo sono sempre stata. Per abitudine colleziono ipotesi di felicità e corteggio il futuro a distanza, ma non sarebbe meglio smetterla?

Attese da ultimo boccone ben ponderato

V

i capita mai di rinviare consapevolmente una cosa che desiderate tantissimo e di attendere giorni o mesi interi prima che arrivi il momento di realizzarla? A me (quasi) sempre. Tendo cronicamente a posticipare quanto di bello può accadere e, in fondo, a pensarci bene, questa ‘sindrome da ultimo boccone ben ponderato’ mi accompagna da sempre. Anche per le piccole cose.

Avrei voluto per esempio postare sul mio account Instagram una foto del before/after di un nuovo orecchino realizzato due mesi fa – un altro delle mie bohorocksoul creations –, eppure ho rimandato il momento fatidico della pubblicazione un milione di volte. La to-do-list dei desideri abbozzati è così ampia da aver perso il conto delle pagine create su Google Keep per ricordarmeli meglio.

D’altronde, forse, non posso aspettarmi nulla di diverso da una come me che indossa ogni settimana gli stessi vestiti, perché la maggior parte del suo guardaroba vuole riservarla per i giorni speciali (quali siano, poi, questi giorni speciali devo ancora capirlo).

A un passo dal piacere

C’è un proverbio che ho sentito ronzare così tante volte nella testa da esserne stata probabilmente contagiata: “Prima il dovere, poi il piacere”. Così, da brava bambina diligente qual ero, sono diventata una persona da ultimo boccone ben ponderato. Da che ne ho memoria, lo sono sempre stata. Ancora prima che potessi coniare un’espressione culinaria con cui identificarmi.

Se a colazione mangio un cornetto, mi assicuro di non lasciare mai per ultima la punta che è solitamente sempre vuota, ma una porzione tra la metà e la fine nella quale sono certa si concentri la quantità perfetta di nutella o crema pasticcera. Se devo preparare una pizza con le mie mani, vesto i panni di una moderna Pitagora alle prese con la disposizione omogenea dei condimenti, e quando ne scelgo una dal menù il primo triangolo addentato è sempre quello meno condito.

Questo è il principio ingegneristico che seguo quando l’ultimo boccone dell’hamburger è un mini panino a sua volta, con le parti più gustose di bacon croccante, uovo alla piastra, emmental e cipolle caramellate lì ad aspettarmi per i titoli di coda più attesi di sempre.

Allenarsi alla pazienza e alla felicità

Prima di assestare il primo boccone, osservo attentamente la mia preda e cerco di comprendere quale sia la parte neutrale da sacrificare. Il tutto avviene in una millimetrica questione di secondi, giusto il tempo di una fugace valutazione prima di sferrare il primo colpo da stomaco brontolante. È solitamente il morso della fame, ma non quello che mi fa scegliere di iniziare a divorare la parte migliore. Quella me la riservo sempre alla fine.

Il pezzo più gustoso è quello nel quale tutti gli ingredienti si fondono tra loro in egual misura; quello in cui il gusto viene esaltato dalla presenza consapevole di ogni elemento della ricetta, in un equilibrio perfetto di colori, odori e sapori, senza che nessuno sovrasti l’altro. È il pezzo dellapoteosi del piacere, quello per cui inizio a saziarmi sapendo di trovarlo prima o poi lì ad appagare i miei sensi.

Il mio ultimo boccone ben ponderato è la punta di un cornetto Algida che sa di non deludere le aspettative di chi ama la cioccolata fondente.

È un allenamento alla pazienza, alla felicità come conquista dopo aver sfornato infinite torte Kinder mal riuscite. Non un piatto pronto da ordinare e mangiare al volo durante una sbrigativa pausa pranzo settimanale. È un futuro da pregustare e corteggiare anche a distanza, perché può valerne la pena. Come un tramonto sul mare che sa riempire gli occhi di chi ha saputo attendere.

Dimmi come mangi e ti dirò chi sei

Credo si capisca molto dal modo in cui mangiamo. C’è chi di fronte a un gustoso panzerotto pugliese appena sfornato parte dal centro, lì dove si concentra il maggior quantitativo di bontà vulcanica. Chi la parte migliore la divora sin da subito, fregandosene del nucleo incandescente e della lingua pronta a scottarsi. Perché non c’è nulla da attendere, perché la vita va assaporata a pieni bocconi sin da subito, perché partire dalla parte più succulenta significa godersi tutto sin dal primo morso.

Un po’ come il mio fidanzato che per aprire i regali di Natale non aspetta neanche la mezzanotte, mentre io resterei per ore a fissare la carta iridescente che li ricopre, in attesa che l’orologio segni l’ora esatta per tramutare in realtà le aspettative – e i sogni lasciati decantare nel cassetto per un anno intero.

E poi c’è chi, come me che sono una persona da ultimo boccone ben ponderato, proprio non riesce a esaurire tutto il bello e il buono che c’è fin dal primo sguardo. Chi crede che godersi la vita non significhi perdersi nel piacere, anzi disperdersi, senza fare distinzione o prestare attenzione. Chi teme che tutto ciò che conta possa svanire subito. E allora attende collezionando ipotesi di felicità e pregustando quel che di positivo sta per accadere.

Tra un desiderio e l’altro

A furia di posticipare e conservare, ho capito che io il tempo lo dilato rendendolo elastico come la mozzarella filante che continuo ad avvolgere intorno alla forchetta mentre gusto un piatto di maccheroni al forno. Avere qualcosa di certo (o possibile) da desiderare, o in cui sperare, mi aiuta a sentirmi viva, a non considerarmi come un automa, a rendere sopportabile quel famoso dovere prima del piacere e accettabile i concetti di ‘fine’ e ‘traguardo’ con i quali non ho un bel rapporto.

Questo indugiare nel mentre, tipico delle persone da ultimo boccone ben ponderato, è un ottimo sotterfugio per contrastare la paura di quello che non posso e non voglio prevedere, per tenere accoccolato tutto quello che ho ora tra le mani e immaginare il futuro nella maniera più rosea possibile.

Rimandare è il mio mestiere, ma anche no

Ogni scelta è compiuta affinché il tanto desiderato ultimo boccone sia esattamente lì ad aspettarmi e accogliermi. Che sciocco, però, questo credere di poter avere pieno controllo di quel che sarà, quasi ignorando la possibilità che l’ultimo boccone famoso possa anche scivolare dalle mani e finire sbadatamente a terra. O magari sciogliersi nel frattempo come un gelato leccato lentamente per evitare che possa finire subito.

Quelli come me vivono perseguendo un motto famoso: “In fondo l’attesa del piacere non è essa stessa il piacere?”, ma mi chiedo se a volte non sia meglio mettere piede fuori dalla pubblicità, smettere di fare zapping tra i desideri on demand ed evitare di rimandare tutto a data da destinarsi. Ultimo boccone compreso, prima che non resti altro spazio nello stomaco per gustarlo appieno.

Il bello è che la risposta la conosco già (e a metterla nera su bianco, tra me e il mio pezzo di cuore sembra che la vera razionale del duo sia io). Altro che persona da “testa per aria” (io) e recriminazioni (nei suoi confronti) per eccesso di praticità.

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